NON COSTRINGERMI MAI

I Cieli opprimenti non possono nulla contro la mia voglia di rompere le nuvole, frantumare gli arcobaleni per far spazio al cielo di rondini.

Regole, leggi, argini e confini sono strumenti di tortura per le anime libere di pensarsi altrove.

Non costringermi mai. In un angolo mi riparo solo per osservare meglio il mio intorno, per studiare il punto esatto su cui puntare i piedi e, poi, decidere cosa sarà del mio tempo.

Oscillo tra volere e potere, tra ragione e sentimento. Soltanto a me compete la scelta di quale gradino salire o scendere, senza per questo abbandonare il mio piedistallo di ebano.

Ecco perché non ho tempo per le sciocchezze del mondo e per i metronomi che vorrebbero dettare il tempo dei miei passi. A ogni respiro loro, il mio cuore – io – ha già compiuto un giro intero intorno al Sole.

Ladypaperina

Voci dal futuro

Pronto?
Se potessi parlarti, piccola me, ti direi che su quel divano, in quella stanza, raccoglierai i ricordi che, poi, trasformerai in parole e racconti.
Ti svelerei ogni segreto custodito tra le antine di madreperla di un salotto a ridosso sul mare, fino a sentirlo ad occhi chiusi.
Rispondi sempre, piccola me, alla vita che ti chiama e ti fa domande indiscrete. La linea cadrà spesso, credimi, lasciando a te l’onere di richiamare. Fallo sempre. Ma fallo solo quando ti sentirai pronta ad ascoltare voci di sale dalla cadenza echeggiante.
Ciao, piccola me, sii sempre occhi stupiti in un mondo che ti vuole uguale a se, conforme all’onore e dai contorni definiti. Ribellati al punto da tagliare fili, lacci, rime baciate e, con ció che rimane, componi un poema dal finale previsto ma non scritto.
Trasforma il dolore in un torrione svettante in mezzo alla nebbia e, poi, rinchiudi in esso una principessa che disegna paesi delle meraviglie da visitare nei giorni in cui il sole si eclissa.

IL BOCCOLO RIBELLE

“Il mondo fuori dalla finestra andava avanti con la solita frenesia di sempre. Ogni respiro che il cuore emetteva annebbiava per un’istante quella vista; l’illusione che i dettagli confusi potessero alterare la realtà le dava conforto.
Le dita non smettevano di giocare con quella ciocca di capelli ribelli che, vicino all’orecchio, formavano un piccolo boccolo malizioso.
Una macchia di rossetto baciò la tazzina fumante di caffè e lei si accorse che il tram 4, quello che porta verso il Parco dello Scoiattolo, stava frenando col solito rumore da dinosauro nevrotico e automaticamente seppe che ore erano: le 10.
Viveva da poco in quella città ma già aveva imparato a riconoscerne gli odori e la quotidianità proprio a partire dai mezzi che, per motivi di lavoro, era costretta a prendere. Non le dispiaceva la cosa – anche se in inverno, quando faceva freddo, avrebbe preferito di più il calduccio di una bella automobile, con la radio a palla. La stessa radio che le faceva sempre compagnia in ogni momento della giornata, e che un poco l’aiutava a sopportare la nostalgia che mangiava le sue giornate.
Non si trovava bene in quella città, inutile negare la verità. Troppe facciate ampollose, troppe strade segnate dai binari ma, soprattutto, troppo poco cielo da guardare e dal quale farsi abbracciare.
Sospirò e il fiato fece sbocciare un fiore opaco sul vetro. Un gesto veloce e deciso della mano, dal basso verso l’alto, lo cancellò e lei voltò le spalle, allontanandosi.
Il mondo fuori dalla finestra andava avanti con la solita frenesia di sempre. Ogni respiro che il cuore emetteva annebbiava per un’istante quella vista; l’illusione che i dettagli confusi potessero alterare la realtà le dava conforto.
Le dita non smettevano di giocare con quella ciocca di capelli ribelli che, vicino all’orecchio, formavano un piccolo boccolo malizioso.
Una macchia di rossetto baciò la tazzina fumante di caffè e lei si accorse che il tram 4, quello che porta verso il Parco dello Scoiattolo, stava frenando col solito rumore da dinosauro nevrotico e automaticamente seppe che ore erano: le 10.
Viveva da poco in quella città ma già aveva imparato a riconoscerne gli odori e la quotidianità proprio a partire dai mezzi che, per motivi di lavoro, era costretta a prendere. Non le dispiaceva la cosa – anche se in inverno, quando faceva freddo, avrebbe preferito di più il calduccio di una bella automobile, con la radio a palla. La stessa radio che le faceva sempre compagnia in ogni momento della giornata, e che un poco l’aiutava a sopportare la nostalgia che mangiava le sue giornate.
Non si trovava bene in quella città, inutile negare la verità. Troppe facciate ampollose, troppe strade segnate dai binari ma, soprattutto, troppo poco cielo da guardare e dal quale farsi abbracciare.
Sospirò e il fiato fece sbocciare un fiore opaco sul vetro. Un gesto veloce e deciso della mano, dal basso verso l’alto, lo cancellò e lei voltò le spalle, allontanandosi.”

tratto da IL BOCCOLO RIBELLE, di Ketty D’Amico

The sound of silence

Provochiamo sempre, ogni giorno, gettiamo parole come ami, come canzoni che esplodono in radio, e osserviamo, contandoli, quanti feriti ci sono, poi.

Raccogliamo nei campi le metafore fiorite in una notte di senso di colpa perché di giorno possa farci compagnia il dolore di chi lo riceverà in dono.

Ci abbracciamo alle nostre parole, ubriacandoci di emozioni uniche che rendono vero il mondo che specchia il bicchiere di vetro. Un mondo velato di gocce rossastre, salate ma ormai asciutte, e di impronte verbali che senso non hanno.

Provochiamo sempre, ogni giorno, mettendoci una mano sulla coscienza, non prima di averla pulita sul nome degli altri, compreso il nostro, perché sia sufficientemente chiaro da che parte sta il magone per un’occasione perduta di donare al silenzio la giusta armonia.

Ladypaperina

Le cicale di novembre

È novembre ormai ma le cicale sembrano non curarsi del calendario e della Luna che esibisce Giove come un neo sul labbro.

Cantano per chi le ascolta con gli occhi chiusi, per te che sai ballare senza la musica dei violini, per me che so stupirmi ancora di quanta strada mi rimane da percorrere.

Sotto al rumore del mondo, non si arrendono alla notte che le vorrebbe altrove, silenti e arrese.

Le cicale suonano un ultimo concerto, forse il più bello, forse il più lungo, e si vantano della loro vita trascorsa a onorare ogni singolo minuto, a santificarlo sull’altare del domani. A loro non interessa la frenesia delle formiche, in fila indiana verso il dovere… vogliono solo dondolarsi sulle corde del pentagramma finchè non sorgerà il sole dell’equinozio, e spazzerà via la loro sfacciataggine nel sapersi eterne.

Ladypaperina

Message in a book

“Carissimo Arturo…”

Così Giulia inizia questa lettera, datata 27/1/88.

Sembra l’incipit di un romanzo e, invece, è di più: è un pensiero d’amore ritrovato dopo anni in una copia di OCEANO MARE – Baricco da Angela Gagliardi, una mia amica.

Sarebbe bello sapere chi è Giulia, chi è Arturo… la lettera è stata letta dall’uomo, oppure (come spesso accade) è stata scritta ma non spedita?

Aiutateci a trovare queste due persone e a riconsegnare loro questo pensiero d’amore custodito in un mare d’inchiostro.

L’amore vince sul tempo ❤️

La cura della scelta

Scelgo con cura le parole da non scrivere perché sia preservato il fruscio dell’autunno. Ad esse preferisco l’amore per il silenzio, per il bianco del foglio che mai vide una lacrima di inchiostro rosso, come i tramonti estivi sul mare.

Scelgo con cura i sentimenti da provare, benchè ingiusti, e li stringo al cuore come uno scialle in una notte di Natale; il fuoco è spento ma la cenere non è sopita, brucia per colpa del sale che verso e del sole che chiedo.

Scelgo con cura le fotografie del futuro che ho scattato ieri, un mese fa, nella mia vita precedente, e affido ai colori il compito di riempire gli spazi che si creano, le distanze siderali che separano mani, voci, nomi, sorrisi ma non i cuori.

Scelgo con intenzione la volontà di scegliermi come amica, confidente e primo pensiero del mattino, senza chiedere mai la supplica di essere scelta, o compresa, o voluta, affinchè io sia sempre desiderata la metà del doppio con cui io desidero questo dal mondo.

Scelgo di essere me stessa perché, per quanto io possa temere le tenebre in fondo al tunnel, è proprio nel buio che trovo la luce verso cui tendere, in silenzio, da sola.

Il nastro rosso

Era gennaio che un cielo di neve ci prese la mano, seminando il cammino di fiocchi d’amore.

Era gennaio, lo ricordo benissimo: i miei TI AMO si condensavano in tante nuvolette di fiato e, baciando le tue guance rosse, svanivano sfacciate.

Era gennaio, il primo mese dell’anno, il primo anno del NOI che costruivano ancor prima di averlo vissuto.

Tra quelle strade di grigia incertezza, camminavamo spavaldi con indosso solo l’amore, solo la rossa tenerezza con cui legare il mio passato al tuo domani.

Ladypaperina